11 agenti penitenziari del carcere Pietro Cerulli di Trapani sono stati arrestati e altri 14 sono stati sospesi dalle loro funzioni. Le accuse, che includono tortura, abuso di potere e falso ideologico, coinvolgono complessivamente 46 indagati, sollevando gravi preoccupazioni sulla gestione dei diritti umani all’interno della struttura penitenziaria.
L’indagine, partita nel 2021, è stata condotta dal nucleo investigativo della polizia penitenziaria di Palermo, con l’assistenza di diverse unità territoriali. La svolta nell’inchiesta è arrivata grazie alle denunce di alcuni detenuti, che hanno riportato episodi di maltrattamenti avvenuti in zone non sorvegliate da telecamere. Successivamente, l’installazione di nuovi sistemi di sorveglianza ha permesso di registrare le violenze perpetrate dagli agenti.
Secondo gli investigatori, gli agenti accusati avrebbero utilizzato la violenza sistematicamente come mezzo di controllo. Il procuratore di Trapani, Gabriele Paci, ha evidenziato che i detenuti venivano sottoposti a veri e propri atti di tortura, tra cui il lancio di liquidi misti a urina e violenze di gruppo. Il giudice per le indagini preliminari, Giancarlo Caruso, ha definito questi atti come tortura, sottolineando la loro gravità e sistematicità.
La notizia ha suscitato una forte reazione da parte della società civile e delle organizzazioni per i diritti umani. Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, ha dichiarato: “Questo caso dimostra l’importanza del reato di tortura nel rompere il muro di omertà. È fondamentale perseguire i responsabili e garantire supporto alle vittime di tali abusi”.