Secondo quanto riportato dal WWF, la Sicilia ha vissuto nel 2024 un anno di estrema vulnerabilità ambientale, diventando il simbolo di una crisi climatica globale. Il Mediterraneo, definito dall’IPCC come un “hot spot climatico”, è sempre più colpito da fenomeni estremi, e la Sicilia, con la sua fragilità territoriale, ne paga il prezzo più alto. Il 2024 si è rivelato l’anno più caldo mai registrato a livello globale, e i suoi effetti sull’isola sono stati devastanti.
Siccità e gestione delle risorse idriche
Tra settembre 2023 e agosto 2024, la Sicilia ha registrato una siccità severa, in alcune aree addirittura estrema. La mancanza di piogge ha determinato una grave scarsità d’acqua, mettendo a dura prova agricoltura, allevamento e approvvigionamento idrico urbano.
L’isola dispone di 47 invasi per un totale di circa 1,1 miliardi di metri cubi d’acqua, ma solo 30 sono operativi e non tutti in piena efficienza. Secondo il WWF, la mancata manutenzione e le inefficienze impediscono l’uso di 289 milioni di metri cubi d’acqua. La situazione è aggravata da un dato allarmante: il 51,6% dell’acqua immessa nella rete idrica viene sprecato, secondo l’ISTAT.
La scoperta, nel 2023, di una falda acquifera sotto i Monti Iblei, con una capacità stimata di 17 miliardi di metri cubi, potrebbe rappresentare una risorsa importante, ma non può sostituire la necessità di una gestione più sostenibile delle risorse esistenti.
Incendi: una piaga amplificata dalla crisi climatica
Gli incendi boschivi, alimentati da condizioni di siccità estrema e temperature elevate, hanno devastato l’isola. Nel 2024 si sono registrati 1.288 incendi, un numero più che raddoppiato rispetto al 2023, con danni enormi per l’ambiente e l’agricoltura. Il settore agricolo, già provato dalla siccità, ha visto il crollo delle produzioni di olive, agrumi e vigneti, mentre il grano, coltivato senza irrigazione, non ha prodotto raccolti.
Alluvioni e consumo di suolo
Ironia della sorte, la carenza idrica è stata seguita, a novembre, da violenti nubifragi. In appena 12 ore, nel catanese, sono caduti oltre 500 millimetri di pioggia, causando allagamenti, frane e smottamenti. Questi eventi estremi si sono abbattuti su un territorio reso fragile da anni di consumo di suolo e abusivismo edilizio. In Sicilia, il 46% delle abitazioni è abusivo, un dato che sottolinea l’urgenza di politiche di tutela territoriale.
Desertificazione e resilienza mancata
La desertificazione è ormai una realtà per molte aree dell’isola. L’Atlante ONU della Siccità sottolinea che la crisi idrica è strettamente legata all’azione umana, dalla cattiva gestione delle risorse al cambiamento climatico antropogenico. Non si tratta solo di fenomeni naturali, ma di una fragilità strutturale che richiede interventi urgenti.
Le soluzioni: decarbonizzazione e adattamento
Il WWF propone un approccio integrato per affrontare la crisi climatica. È fondamentale che la Sicilia diventi un modello di decarbonizzazione, riducendo le emissioni e adottando strategie di adattamento ai cambiamenti climatici.
Tra le azioni necessarie:
- Pianificazione efficace delle risorse idriche.
- Ripristino degli ecosistemi, con interventi come le aree forestali d’infiltrazione.
- Recupero delle fasce fluviali per ridurre il rischio di alluvioni.
Per il WWF, è cruciale che la Sicilia investa in resilienza territoriale, orientando risorse e politiche verso soluzioni basate sulla natura. Nel contesto attuale, opere come il Ponte sullo Stretto appaiono “completamente anacronistiche,” considerando le priorità ambientali e climatiche.
La crisi climatica non è un problema del futuro, ma un’urgenza del presente. La Sicilia, con il suo straordinario patrimonio naturale e culturale, deve diventare un modello di decarbonizzazione e adattamento, per proteggere non solo se stessa, ma l’intero Mediterraneo.