La Settimana Santa sancataldese si conclude con la gioiosa sagra dei “Sampauluna” che rappresentano il culmine di una tradizione di devozione popolare che fonde arte, storia e fede. Questi giganti processionali, alti circa tre metri e simbolo dell’eccezionale grandezza dell’azione evangelica, rappresentano gli undici Apostoli, escludendo volutamente Giuda Iscariota, il traditore. Sostenuti da portatori nascosti sotto lunghe vesti, la loro mastodonticità incarna la capacità del popolo sancataldese di elevare la narrazione sacra a una dimensione quasi mitica, rivisitando e sintetizzando momenti di fede e storia che hanno attraversato i secoli.
Le origini dei Sanpaoloni affondano in un patrimonio spagnolo-catalano, importato in Sicilia sul finire del Cinquecento e agli albori del Seicento. L’influenza di quell’epoca si riflette nelle vesti pompose, caratterizzate da mantelle (mantellette) e merletti, che ancora oggi evocano l’eleganza e la solennità del Seicento. L’arte processionale non è confinata a San Cataldo: figure analoghe animano le strade di Aidone, Barrafranca, altre località della Sicilia, e si estendono fino alle regioni del Veneto, della Romagna e persino in Belgio, dove un centro internazionale si dedica allo studio di questi giganti. In questo scenario, i Sanpaoloni assumono il ruolo di ambasciatori di una tradizione che supera i confini nazionali, intrecciando storia e fede in un racconto unitario.

Nato intorno alla metà dell’Ottocento grazie alla maestria dell’artista sancataldese Michele Butera, il corpo originario dei Sanpaoloni, una volta in legno, ha subito nel tempo le necessarie trasformazioni per garantire la continuità della tradizione. Negli anni Ottanta, l’Associazione Culturale Giuseppe Amico Medico ha promosso un restauro totale: la struttura in legno è stata sostituita da una resistente intelaiatura in profilato di ferro, mentre i volti e le mani, un tempo segnati dal deterioramento, sono stati riportati al loro antico splendore. Le vesti, realizzate con cura artigianale e intatte nella “foggia spagnola”, hanno visto ulteriori interventi di rinnovamento: nel 2010 il Rotary Club di San Cataldo, in collaborazione con una rinomata sartoria locale e undici studenti del Liceo Artistico Statale “Filippo Juvara”, ha introdotto abiti ancor più ricchi e sfarzosi. Nel 2016 il medesimo liceo, grazie al lavoro dei docenti e alla creatività degli studenti della sezione “Design della Moda”, ha donato nuovi costumi per la Madonna e la Maddalena, mentre i fercoli sono stati affidati al Lyons Club. La Pasqua 2025 vede la prima uscita della nuova Madonna, opera degli artisti Leonardo Cumbo e Sara Di Ventura, un ulteriore tassello nel percorso di evoluzione che mantiene viva la tradizione pur dialogando con il presente. La manifestazione dei Sanpaoloni, chiude la sera di Pasqua il ricco programma della “Settimana Santa Sancataldese”. Quest’evento, riconosciuto come una delle manifestazioni di devozione popolare e di rievocazione più complete e originali a livello europeo, trae le sue radici da antiche tradizioni spagnolo-catalane, trovando conferma nei quattro Vangeli canonici. I testi evangelici mettono in evidenza i momenti immediatamente successivi alla decisione del governatore della Palestina, Ponzio Pilato, di affidare il corpo di Cristo a Giuseppe d’Arimatea, il quale fece scavare il sepolcro destinato alla sua sepoltura.
È ancora buio quando, nel mattino che segue la Pasqua ebraica (molto probabilmente il nove aprile dell’anno trenta), Maria di Magdala, in anticipo rispetto alle altre donne, si reca al luogo del sepolcro. Giungendo e trovando il sepolcro aperto, si precipita ad avvisare Pietro e Giovanni: i due, accorsi, rimangono stupefatti nel constatare che il sepolcro è vuoto, con le bende sparse per terra e il sudario, un tempo adagiato sul volto di Gesù, ripiegato con cura in un angolo. Questo evento, che realizza la promessa del Maestro, il quale aveva annunciato: “dopo tre giorni risorgerò”, sancisce la vittoria di Cristo sulla morte, elevando la Croce – la pena più infamante riservata dai romani agli schiavi, come attestava persino Cicerone nel suo “crudelissimum teterrimunque supplicium” – a simbolo di salvezza e amore per i popoli. Nel racconto evangelico i due Apostoli, colpiti dall’incredulità e dal turbamento, non diffondono immediatamente la notizia, ritirandosi frettolosamente nelle loro abitazioni. Solo Maria di Magdala, rimanendo affranta nei pressi del sepolcro, viene visitata dal Risorto, in una manifestazione che fu rivoluzionaria in un contesto ebraico dove le donne erano emarginate e sottoposte a rigide autorità. Cristo, affidandosi a lei, le conferisce la missione di annunciare la risurrezione, facendola diventare la prima Evangelista, un gesto che sovverte ogni norma del precetto mosaico.
Impassibile nell’indomito fervore, Maddalena, presa da incontenibile gioia, corre al Cenacolo, dove i Discepoli, timorosi delle repressioni giudaiche, si nascondono. Pur gridando di aver visto il Signore, gli Apostoli, ebrei di stretta osservanza, faticano a concepire che Gesù si sia manifestato ad una donna; increduli, si rifugiano nella loro volontaria prigione di scetticismo. Solo quella sera, la Luce del Risorto inonda il Cenacolo e Gesù appare agli Apostoli, con un tenero “PACE A VOI”, rimproverando con dolcezza la durezza del loro cuore. Sebbene allora tutti credano, manca ancora Tommaso, che si ostina nel non riconoscere la realtà del miracolo. Otto giorni dopo, nella riapparizione conclusiva al Cenacolo, Tommaso, profondamente toccato e pentito, riconosce finalmente il Maestro, lasciandosi andare a lacrime di gioia.
In quest’originale “unicum”, la pietà popolare sancataldese riesce a fondere in un unico, straordinario evento tutti quei fatti e momenti distanti nel tempo, trasformando l’arco degli otto giorni evangelici in una sintesi emotiva e devota che parla direttamente al cuore di chi vi partecipa.