Placido Rizzotto, il sindacalista che sfidò la mafia Placido Rizzotto, il sindacalista che sfidò la mafia

Placido Rizzotto, il sindacalista che sfidò la mafia

Oggi, 10 marzo, ricorre il 77° anniversario della tragica scomparsa di Placido Rizzotto, sindacalista e partigiano socialista, vittima della mafia nel 1948. La sua figura rappresenta un simbolo di lotta per i diritti dei lavoratori e contro l’oppressione mafiosa, un’eredità che continua a ispirare generazioni.

Placido Rizzotto Placido Rizzotto, il sindacalista che sfidò la mafia

Rizzotto, nato a Corleone, in Sicilia, si distinse per il suo impegno nella difesa dei braccianti agricoli, lottando per l’applicazione dei decreti Gullo, che prevedevano la redistribuzione delle terre incolte ai contadini. Reduce della Seconda Guerra Mondiale, tornò nella sua terra natale con la determinazione di combattere le ingiustizie sociali. La sua attività sindacale lo rese un bersaglio per la mafia: era il 10 marzo 1948, Rizzotto fu rapito e brutalmente assassinato dalla mafia corleonese, guidata da Luciano Liggio. Aveva da poco lasciato una riunione con i suoi compagni di partito e si era incamminato per le strade del paese insieme a Ludovico Benigno. A fare da esca fu Pasquale Criscione, vicino di casa di Placido e sua conoscenza di vecchia data. Criscione si avvicinò simulando un incontro casuale. Quando Ludovico li lasciò per rientrare a casa, Placido e Pasquale continuarono a camminare. All’altezza di via Bentivegna scattò la trappola. Il sindacalista fu bloccato con la forza, caricato di peso sulla 1100 di Luciano Liggio, il luogotenente di Michele Navarra, e condotto in contrada Malvello. Pestato a sangue da Liggio, poi finito con 3 colpi di pistola e infine gettato nella foiba di Rocca Busambra.

Ed è in questi frangenti che la storia di Placido si incrocia con quella del giovanissimo pastore Giuseppe Letizia. Dodici anni appena, Giuseppe era stato mandato dal padre ad accudire gli animali proprio nei pressi di Rocca Busambra e lì assistette alla scenda del pestaggio e dell’omicidio di Placido. Ne rimase a tal punto sconvolto da cadere in uno stato di delirio che, il giorno seguente, convinse suo padre a portarlo in quell’ospedale Dei Bianchi diretto proprio da Michele Navarra. Al ragazzino fu diagnosticata una tossicosi e fatta una iniezione. “Per calmarlo”, fu detto ai suoi genitori. Giuseppe invece non riaprì più gli occhi, quegli stessi occhi che avevano visto la tragica fine di Placido, ordinata dallo stesso Navarra che avrebbe dovuto curarlo.

Placido Rizzotto

Solo nel 2012, grazie all’esame del DNA, i resti di Rizzotto furono identificati, e gli furono tributati a Corleone i funerali di Stato alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nello stesso anno, gli fu conferita la medaglia d’oro al merito civile, riconoscendo il suo impegno per la democrazia e la giustizia. A Corleone, come ogni anno, oggi si svolgono diverse iniziative per onorare la sua memoria. La giornata è iniziata con la deposizione di fiori sulla sua tomba e una corona d’alloro davanti al busto in Piazza Garibaldi. Seguiranno interventi di rappresentanti istituzionali e sindacali, tra cui il sindaco di Corleone e i leader della CGIL, oltre a letture di poesie e disegni realizzati dagli studenti delle scuole locali.

La figura di Placido Rizzotto continua a ispirare la lotta contro la mafia e a ricordare l’importanza di difendere i diritti dei lavoratori. La sua storia è un esempio di dedizione e coraggio che non deve essere dimenticato.

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