Una vasta operazione antimafia ha colpito duramente l’organizzazione criminale Cosa Nostra nel territorio agrigentino. All’alba, i Carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento, supportati dai colleghi di Caltanissetta, hanno eseguito 48 misure cautelari, di cui 36 in carcere e 12 agli arresti domiciliari, su mandato del GIP del Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA).
Le indagini, iniziate nel dicembre 2021, hanno svelato l’organigramma e le attività illecite delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e Agrigento-Villaseta, riconducibili a Fabrizio Messina e Pietro Capraro, entrambi con precedenti penali.
Le accuse: mafia, droga ed estorsioni

Gli indagati, tutti cittadini italiani, sono accusati di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsioni, danneggiamenti, incendi dolosi e detenzione illegale di armi. Le indagini hanno evidenziato come l’organizzazione esercitasse un controllo capillare sul territorio, imponendo assunzioni forzate a imprenditori e costringendo commercianti e aziende a pagare il pizzo. Tra i casi più eclatanti:
- L’imposizione di lavoratori a società che si occupano della raccolta rifiuti e della riqualificazione urbana.
- L’estorsione di 1.000 euro al mese a un commerciante di Agrigento, ottenuta con violenze e minacce.
- L’incendio doloso di mezzi appartenenti a imprenditori che non cedevano alle richieste del clan.
Il traffico di droga: una rete internazionale

L’indagine ha rivelato un traffico di stupefacenti di vaste proporzioni, con collegamenti tra i clan siciliani e organizzazioni criminali in Belgio, Germania e Stati Uniti. Gli investigatori hanno documentato numerosi trasporti di droga, sequestrando oltre 100 kg di hashish, 6 kg di cocaina e 120.000 euro in contanti, nascosti in auto modificate.
Armi e rischio di guerra tra clan
Durante le perquisizioni sono state trovate armi da guerra, tra cui una pistola mitragliatrice, una bomba a mano e munizioni. Le tensioni tra le famiglie mafiose lasciavano presagire una possibile escalation di violenza, descritta dagli stessi indagati come una “guerra di mafia” per il controllo del territorio.
Una mafia ancora attiva
L’operazione conferma come Cosa Nostra agrigentina sia ancora operativa, con accesso a ingenti risorse economiche e la capacità di mantenere il controllo del territorio grazie a legami tra affiliati liberi e detenuti. Gli uomini d’onore comunicavano con l’esterno attraverso telefoni cellulari nascosti, coordinando attività e impartendo ordini.