Oggi in tutte le città dell’India, come ogni 14 gennaio, si sono alzati in cielo migliaia di aquiloni, realizzati in carta e plastica. La festa di Makara Sankranti segna l’inizio della nuova stagione dei patang (aquiloni in hindi) e l’arrivo della primavera: in questo giorno le famiglie salgono sui tetti o scendono per strada partecipando ad una delle guerre meno violente ma più attese del subcontinente: “una sfida all’ultimo filo”.

Da settimane, ogni pomeriggio, grandi e piccini hanno testato i propri aquiloni in attesa del grande giorno. Le vie delle città, nella giornata odierna, erano gremite di venditori ambulanti che offrivano aquiloni, fili, maniglie decorate e particolari nastri per la manutenzione.

A Indore, capitale del Madhya Pradesh, fin dalle prime luci dell’alba, la città si è svegliata in modo diverso. Le scuole e gli uffici sono rimasti chiusi, come in tutta l’India, e intere famiglie, armate di patang di ogni forma e colore, sono rimaste per ore con il naso all’insù. Il cielo si è riempito lentamente di punti colorati, creando uno spettacolo mozzafiato, con il clou nel primo pomeriggio, prima del tramonto.

L’aria era colma del fruscio dei fili che tagliavano il vento, accompagnato dai sorrisi gioiosi dei bambini. Non sono mancate le urla di compiacimento per chi ha abbattuto qualche aquilone e, di conseguenza, qualche pianto. Sugli alberi e nei cavi elettrici della metropoli (qui presenti dappertutto) si vedono i primi residui “bellici” di questa grande battaglia che unisce proprio tutti: uomini e donne, bambini e anziani, indiani e stranieri, più e meno fortunati.
Piccoli artigiani dedicano settimane alla costruzione dei loro aquiloni, creando veri e propri capolavori con materiali semplici ed economici. Si tratta di tecniche costruttive e decorative che si tramandano di generazione in generazione. Quello che conta alla fine è riuscire a tenere più in alto e per più tempo possibile il proprio aquilone.

“Per far volare un aquilone ci vuole molta abilità e controllo”, racconta Gatik, tredicenne con grande esperienza sul campo. “La parte più complessa è individuare la direzione del vento per iniziare a far volteggiare l’aquilone. Ci vuole concentrazione e bisogna stare attenti alle dita” – dice, mostrando il suo indice con un piccolo taglio – “Questa è la dimostrazione del rischio che si corre con le mani, manovrando il sottilissimo filo in cotone”.

“Provo molta soddisfazione quando nel mio terrazzo cade l’aquilone di qualcun altro oppure quando il filo è basso,” spiega Sanidhya. “In questo caso, sono già armato di forbici per tagliare eventuali cavi che riesco a raggiungere”. Chi è più astuto si è addirittura procurato aste in plastica di due, tre metri oppure impiega pietre per deviare i patang e farli cadere nella propria area d’interesse. Ma la cosa originale del kite festival è che non viene decretato nessun vincitore: ogni partecipante porta con sé a casa il ricordo di una giornata unica e indimenticabile.
C’è chi attribuisce l’origine degli aquiloni ai cinesi, mentre altri li fanno risalire agli antichi greci. Sicuramente, però, sono secoli che l’India fa volare i suoi patang da combattimento. Con i loro movimenti, essi rappresentano l’aspirazione a liberarsi dalle preoccupazioni quotidiane e a godere della bellezza della vita. L’aquilone che sale verso il cielo simboleggia l’avvicinamento all’assoluto e l’innalzamento spirituale: un atto di connessione con il divino.