Nella giornata di ieri a Roma, si è svolto un incontro tra i dirigenti di ENI Versalis e i rappresentanti nazionali e locali dei sindacati Filctem, Femca e Uiltec. Durante il corso della riunione, è stato presentato il nuovo piano industriale, che coinvolge in particolare la zona industriale di Siracusa con una conversione Green dell’impianto di etilene di Priolo. Stessa sorte sembra all’orizzonte per l’impianto di polietilene di Ragusa e di cracking a Brindisi. Eni ha annunciato che entro il 2026 l’impianto verrà chiuso, interessando circa cento lavoratori diretti e altri duecento dell’indotto, per far posto a nuovi progetti che potrebbero non offrire immediata continuità occupazionale.
Il nuovo piano industriale, della divisione chimica di ENI, ha l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 di circa 1 milione di tonnellate, pari al 40% delle attuali emissioni di Versalis in Italia. Gli investimenti, quantificati in circa 2 miliardi di euro nei prossimi cinque anni, saranno destinati a nuovi impianti industriali per la transizione energetica, chimica sostenibile, bioraffinazione e accumulo di energia.
Nonostante ciò, le preoccupazioni dei sindacati restano forti, sia per il futuro dei lavoratori siracusani sia per la stabilità dell’intera area industriale aretusea. I lavoratori potrebbero essere trasferiti in altre sedi, in Italia o all’estero, in attesa dei nuovi impianti. Inoltre, la chiusura dell’impianto di etilene potrebbe avere un effetto domino sugli altri impianti integrati nella produzione industriale siracusana, con il depuratore IAS già al centro di incertezze che potrebbero peggiorare.
I sindacati hanno inoltre espresso dubbi sulla tempistica e sui dettagli del piano, temendo che i lavoratori di Priolo possano trovarsi in situazioni simili a quelle dei colleghi di Gela, dove i trasferimenti in altri impianti hanno causato lunghe attese e conseguenze negative sul tessuto produttivo locale. Il futuro dell’area industriale siracusana appare sempre più incerto. La chiusura dell’impianto di etilene è un ulteriore segnale preoccupante in un contesto già fragile a causa di anni di crisi e cambiamenti strutturali, dove anche le grandi aziende faticano a mantenere stabilità e competitività produttiva.