Confesercenti: in 10 anni spariti oltre 140.000 negozi

I negozi chiudono, la desertificazione commerciale avanza. Tra il 2014 e il 2024 sono sparite dalle vie e piazze italiane oltre 140mila imprese del commercio al dettaglio, tra cui quasi 46.500 attività di vicinato “di base”, dai negozi alimentari alle edicole, dai bar ai distributori di carburante. Un’emorragia che rischia di lasciare senza accesso a servizi essenziali una parte significativa della popolazione: oltre 26 milioni di italiani vivono in comuni che hanno visto la scomparsa definitiva di una o più imprese di vicinato essenziali.

Questo è quanto emerge dal dossier “Commercio e servizi: le oasi nei centri urbani”, presentato il 24 ottobre 2024 a Roma, alla presenza del Ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso, e dedicato alla ‘desertificazione commerciale’, ovvero la progressiva riduzione delle attività commerciali dai territori, impoverendo l’offerta di beni e servizi per i residenti.

Per misurare questo fenomeno, Confesercenti ha analizzato la densità dell’offerta commerciale nei comuni italiani per dimensione – dai piccoli borghi alle grandi metropoli – e la variazione del numero di imprese attive su un periodo di dieci anni, confrontando i dati del 2014, 2019 e 2024, valutando anche i tassi di chiusura e apertura delle attività.

Le attività di base

L’analisi si è concentrata su un gruppo di imprese di vicinato di base ritenute essenziali per la qualità della vita: Minimarket, Elettrodomestici ed elettronica, Empori, Ortofrutta, Macellerie, Pescherie, Panetterie, Forni, Negozi di Bevande, Tabaccherie, Ferramenta, Librerie, Giornalai, Negozi di abbigliamento – Confezioni per adulti, Bambini, Biancheria, Calzature – Bar, Parrucchieri e Distributori di carburante.

L’analisi mostra un’Italia già molto desertificata. Tra il 2014 e il 2024 oltre 26 milioni di residenti hanno visto sparire dal proprio comune una o più attività di base. Complessivamente, sono sparite quasi 46.500 imprese di vicinato di base, al ritmo di quasi 13 al giorno. Sono stati 5.653 i comuni colpiti dal fenomeno, principalmente piccolissimi (meno di 5mila abitanti) e piccoli (tra 5 e 15mila). Tra questi, 2.620 comuni hanno perso una sola attività di base, 1.784 due e 1.249 tre o più. Milioni di residenti devono percorrere chilometri per soddisfare bisogni primari e acquistare beni di uso quotidiano.

Nel settore alimentare, la situazione è grave: in 565 comuni, oltre 3,8 milioni di persone non possono più acquistare pane in una panetteria vicino a casa, e più di 1,2 milioni hanno perso l’accesso ai forni. Anche per altri generi alimentari la situazione è drammatica: circa 3 milioni di persone non hanno più un negozio di bevande, 2,3 milioni non possono più acquistare pesce fresco, 2,1 milioni non trovano negozi di ortofrutta, 1,6 milioni non hanno accesso a macellerie, e quasi 800mila devono rinunciare ai minimarket.

Nel comparto dell’abbigliamento, la situazione è altrettanto preoccupante. Circa 3,2 milioni di residenti devono uscire dal loro comune per trovare un negozio di biancheria, una cifra simile per vestiti per bambini, e 1,2 milioni non possono più acquistare abiti per adulti nel loro comune.

Anche il settore non alimentare vede una significativa riduzione dei punti vendita. Circa 3,6 milioni di residenti, soprattutto nei piccoli comuni, non hanno più un negozio di elettronica o elettrodomestici vicino. Quasi 3,5 milioni di persone non possono più comprare giornali o riviste, 2,7 milioni non hanno accesso a librerie, quasi 2,6 milioni non trovano un emporio, 1,6 milioni non hanno un ferramenta, e oltre 500mila devono recarsi altrove per carburante.

Più contenuta, ma significativa, è la desertificazione delle attività di servizio. Parrucchieri e barbieri spariscono da 273 comuni sotto i 5mila abitanti, per un totale di oltre 237mila residenti. I bar, simbolo della socialità, hanno chiuso per 150mila persone in 246 piccoli comuni, anche questi sotto i 5mila abitanti.

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