La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Filippo Graviano, boss mafioso del clan di Brancaccio, confermando così il regime di carcere duro del 41 bis. Graviano, condannato all’ergastolo per il suo ruolo nelle stragi del 1992 e del 1993 e nell’omicidio del parroco Pino Puglisi, aveva chiesto la revoca del regime speciale di detenzione
Graviano aveva presentato ricorso sostenendo la violazione dei suoi diritti costituzionali e dichiarando di aver intrapreso un percorso di rieducazione e dissociazione dalla mafia. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto che la sua dissociazione dichiarata non fosse sufficiente, sottolineando che Graviano manteneva contatti con il clan tramite familiari, rappresentando così un rischio per la sicurezza pubblica. Inoltre, secondo i giudici di merito e di legittimita’, la dissociazione da Cosa nostra, dichiarata pubblicamente da Filippo Graviano nel 2021, non equivale a collaborazione.
Il 41 bis, noto come “carcere duro”, è una misura volta a isolare i capi delle organizzazioni criminali per impedire loro di continuare a dirigere attività illecite anche dal carcere. La Cassazione ha ribadito che questa misura è fondamentale per mantenere la sicurezza e l’ordine pubblico, e non è una forma di punizione aggiuntiva.