Cesti, dolci e memorie: come i siciliani celebrano i defunti

In Sicilia, la Festa dei Morti, celebrata tra il 1° e il 2 novembre, è una delle tradizioni più antiche e sentite. Questa ricorrenza ha radici profonde e un significato che va oltre la semplice commemorazione dei defunti. Per i siciliani, infatti, non è solo un giorno di lutto, ma un’occasione per celebrare il legame con i cari defunti.

Eventi e tradizioni

In molte città e paesi della Sicilia, soprattutto nelle zone rurali, si tengono fiere e mercati durante la festa. Le famiglie visitano i cimiteri, decorano le tombe con fiori, soprattutto crisantemi, e accendono candele per onorare i propri cari. Le città si riempiono di bancarelle che vendono giocattoli, dolci e oggetti tradizionali, creando un’atmosfera festosa che contrasta con la natura solenne della festa.

Un elemento caratteristico di questa celebrazione è l’usanza di preparare un “cannistru”, un cesto pieno di dolci tipici e regali, che viene donato ai bambini. Questi cesti sono preparati dai genitori o dai nonni e simboleggiano il dono lasciato dai defunti. La tradizione serve a trasmettere alle nuove generazioni l’importanza del ricordo e del legame con i propri avi.

Cibi tradizionali

La Festa dei Morti in Sicilia è fortemente legata alla gastronomia, con una serie di dolci tipici che rappresentano la parte più dolce e simbolica di questa festività. Tra i cibi più rappresentativi troviamo:

Frutta di Martorana
  • Frutta martorana: si tratta di dolci di pasta di mandorle a forma di frutta, creati con una cura artigianale tale da sembrare reali.
  • Ossa di morto: biscotti duri, preparati con farina, zucchero e cannella. Questi dolci simboleggiano le ossa dei defunti e, nella tradizione, servono a ricordare il ciclo della vita e della morte.
  • Pupi di zucchero: bambole di zucchero colorato che, un tempo, erano i doni più attesi dai bambini durante la Festa dei Morti. Questi dolci sono diventati un simbolo della festività in Sicilia.
  • Tetù e catalani: biscotti tipici della zona di Palermo, realizzati con farina e cacao o con mandorle e ricoperti di glassa. Il loro nome sembra derivare da “uno per te e uno per me”, suggerendo la condivisione come simbolo di legame.
  • Taralli siciliani: sono ciambelle dolci preparate con zucchero e glassa, caratteristici di molte celebrazioni festive nell’isola.
Da Racconti quotidiani di Andrea Camilleri

Avevo 8 anni quando nonno Giuseppe, lungamente supplicato nelle mie preghiere, mi portò dall’aldilà il mitico Meccano e per la felicità mi scoppiò qualche linea di febbre.

I dolci erano quelli rituali, detti “dei morti”: marzapane modellato e dipinto da sembrare frutta, “rami di meli” fatti di farina e miele, “mustazzola” di vino cotto e altre delizie come viscotti regina, tetù, carcagnette. Non mancava mai il “pupo di zucchero” che in genere raffigurava un bersagliere e con la tromba in bocca o una coloratissima ballerina in un passo di danza. A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest’anno i morti?». 

In Sicilia, la Festa dei Morti non rappresenta solo un momento di raccoglimento per ricordare i propri cari, ma diventa un’occasione per celebrare la vita, la famiglia e le tradizioni. Attraverso la preparazione di cibi tipici, come la frutta martorana e le ossa di morto, e il dono dei pupi di zucchero ai bambini, la comunità siciliana riesce a trasformare un rito di memoria in un momento di gioia condivisa. Il forte legame con i defunti, rinnovato ogni anno, si intreccia con la voglia di preservare e tramandare le antiche usanze, mantenendo viva una tradizione che unisce il passato al presente, celebrando non solo la morte, ma soprattutto la vita e la memoria.

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