Stefano Fragapane, boss mafioso di Santa Elisabetta, rimane sotto il regime del 41 bis, secondo la decisione definitiva della Corte di Cassazione. Il ricorso della difesa, che chiedeva la revoca del regime di detenzione speciale per Fragapane, è stato respinto. Il 46enne, condannato all’ergastolo per quattro omicidi e associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta “Sikania”, continuerà a scontare la sua pena in regime di isolamento.
La decisione è stata presa sulla base delle osservazioni della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) e successivamente confermata dal ministro della giustizia, Carlo Nordio. La difesa aveva basato il suo ricorso sull’atteggiamento positivo di Fragapane durante la detenzione, sottolineando l’impegno scolastico e il desiderio di riscatto manifestati dal detenuto. Tuttavia, per i giudici della Cassazione, questi aspetti non sono sufficienti a dimostrare un reale distacco dal contesto mafioso.
Secondo la sentenza, nonostante i segnali di cambiamento, Fragapane mantiene ancora la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione mafiosa. La Corte ha rilevato che il gruppo criminale a cui era legato Fragapane rimane attivo e che non c’è stata una chiara presa di distanza né un rifiuto della logica mafiosa da parte dell’imputato. Pertanto, i giudici hanno ritenuto necessario mantenere il 41 bis, considerando che un eventuale trasferimento in regime ordinario potrebbe portare a un riavvicinamento al sodalizio criminale, facilitando lo scambio di informazioni.
Figlio del noto boss Salvatore Fragapane, Stefano si trova in carcere dal 2002. Le accuse a suo carico riguardano l’omicidio di quattro persone: Vincenzo e Salvatore Vaccaro Notte, Salvatore Oreto e Giuseppe Alongi. Nonostante il suo comportamento corretto durante la detenzione, la Cassazione ha stabilito che non ci sono elementi sufficienti per revocare il 41 bis, mantenendo così la sua detenzione in condizioni di massima sicurezza.