alberto manzi conduce non e mai troppo Alberto Manzi: il maestro che ha insegnato a pensare e a cambiare il mondo alberto manzi conduce non e mai troppo Alberto Manzi: il maestro che ha insegnato a pensare e a cambiare il mondo

Alberto Manzi: il maestro che ha insegnato a pensare e a cambiare il mondo

Il 15 novembre 1960 andava in onda per la prima volta Non è mai troppo tardi, una trasmissione rivoluzionaria condotta dal maestro Alberto Manzi, nata per combattere l’analfabetismo in Italia. Grazie a questo programma televisivo, Manzi insegnò a leggere e scrivere a oltre un milione di italiani, diventando una figura centrale e innovativa nel panorama educativo del Novecento. Nato a Roma il 3 novembre 1924, Manzi è stato molto più di un semplice maestro. La sua vita rappresenta un esempio di dedizione e impegno verso l’istruzione, un lavoro portato avanti non solo nelle scuole ma anche nelle carceri e nelle aree più remote del Sud America.

Un maestro nelle carceri

Dopo aver vissuto la drammatica esperienza della Seconda Guerra Mondiale come sommergibilista, nel 1946 Manzi iniziò la sua carriera di insegnante in un ambiente insolito e difficile: il carcere minorile Aristide Gabelli di Roma. Qui gli furono affidati 90 ragazzi detenuti, di età compresa tra i 9 e i 17 anni, molti dei quali semianalfabeti e privi di interesse per la scuola. Manzi non aveva a disposizione strumenti didattici né banchi o lavagne, ma riuscì ugualmente a catturare l’attenzione di quei giovani. Il suo strumento principale? Il potere del racconto.

alberto Alberto Manzi: il maestro che ha insegnato a pensare e a cambiare il mondo

Il suo lavoro non era solo quello di educare, ma di recuperare i ragazzi come persone. Grazie al suo approccio, che combinava empatia e rigore, il tasso di recidiva tra i suoi studenti era sorprendentemente basso: solo due su novanta tornarono in prigione. “Soprattutto dopo l’esperienza della guerra”, disse Manzi in un’intervista del 1997, “la mia idea fissa era di aiutare i ragazzi e rinnovare un po’ la scuola per cambiare certe cose che non mi piacevano.”

Non è mai troppo tardi: rivoluzione televisiva

1445223 Alberto Manzi: il maestro che ha insegnato a pensare e a cambiare il mondo

Il momento che segnò definitivamente la carriera di Manzi arrivò nel 1960, quando la Rai lo contattò per condurre la trasmissione Non è mai troppo tardi. L’obiettivo era ambizioso: alfabetizzare gli italiani adulti che non avevano mai avuto accesso a un’istruzione adeguata. La trasmissione, che andò in onda fino al 1968, divenne uno dei più grandi successi della storia televisiva italiana, raggiungendo un pubblico vastissimo e trasformando le vite di milioni di persone. Si stima che almeno un milione e quattrocentomila italiani riuscirono a ottenere la licenza elementare grazie al programma.

Manzi insegnava in televisione come se fosse in una piccola classe, rivolgendosi direttamente agli spettatori con semplicità e calore. Ripeteva spesso che “il vero insegnamento non è solo trasmettere nozioni, ma educare a guardare oltre, a saper ascoltare, osservare e riflettere”. Questa filosofia era al centro del programma: gli spettatori non solo imparavano a leggere e scrivere, ma sviluppavano un nuovo modo di pensare e affrontare la vita.

Durante Non è mai troppo tardi, Manzi cercava di infondere nei suoi alunni televisivi il senso di autodeterminazione. Diceva spesso: “Spero che abbiate capito quello che ho sempre cercato di farvi comprendere: non rinunciate mai, e per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, ad essere voi stessi.” Un messaggio che si rivolgeva non solo agli studenti, ma a tutti coloro che affrontavano le difficoltà della vita.

Un mondo da educare: l’impegno in Sud America

L’insegnamento per Manzi non si fermava ai confini dell’Italia. Dal 1954 al 1977, ogni estate, partiva per il Sud America, dove si impegnava in progetti di alfabetizzazione per le popolazioni indigene. La sua attività in Argentina, dove progettò un innovativo Piano di Alfabetizzazione utilizzando la radio e quaderni colorati, è uno degli esempi più significativi del suo impegno a livello globale.

Anche in queste terre lontane, Manzi continuava a portare avanti il suo ideale di educazione come strumento di emancipazione. Per lui, l’insegnamento era un modo per dare alle persone gli strumenti per essere indipendenti, capaci di formare il proprio pensiero critico e non sottomettersi mai. “Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi o ‘addomesticare’ come vorrebbe”, scriveva ai suoi alunni in una lettera del 1976.

Un innovatore contro il sistema

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Manzi non si accontentava di essere un maestro straordinario; era anche un fervente critico del sistema scolastico italiano. Negli anni ’70, quando il Ministero dell’Istruzione introdusse le schede di valutazione personali per gli studenti, Manzi si rifiutò di compilarle, considerandole inadatte a rappresentare il vero valore di un alunno. Questo atto di protesta gli costò due anni di sospensione, ma non lo scoraggiò. Anzi, Manzi creò un timbro con una frase che diventò emblematica del suo pensiero educativo: “Fa quel che può, quel che non può non fa”. Per lui, ogni studente doveva essere rispettato nei suoi limiti e valorizzato per i suoi progressi.

Un esempio di vita

Nel 1994, Alberto Manzi fu eletto sindaco di Pitigliano, in Toscana, dove visse fino alla sua scomparsa nel 1997. Anche da sindaco, rimase fedele ai suoi principi, promuovendo l’educazione come strumento di progresso e sviluppo per la comunità.

Alberto Manzi ci ha lasciato un’eredità incalcolabile. Non solo per il suo lavoro di alfabetizzazione, ma per il suo impegno a insegnare qualcosa di più profondo: la capacità di pensare, di essere se stessi e di non farsi mai condizionare. “Imparare a pensare è la cosa più importante che possiamo fare a scuola”, ripeteva spesso. Un insegnamento che rimane valido oggi più che mai.

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