Nel XIX secolo, le miniere di zolfo della Sicilia erano una delle principali fonti di zolfo in Europa e nel mondo, ma le condizioni di lavoro erano terribili. I minatori, molti dei quali erano bambini, lavoravano per lunghe ore in ambienti pericolosi e malsani, spesso senza adeguate misure di sicurezza.
La mattina del 12 novembre 1881, un incendio scoppiò nella miniera Gessolungo, sezione “Calafato”. Le cause precise non sono mai state chiaramente stabilite, ma si ritiene che lo scoppio del grisù abbia innescato l’incendio. Le fiamme si propagarono rapidamente, intrappolando i minatori nelle gallerie sotterranee. I soccorsi arrivarono troppo tardi per salvare le vite dei minatori intrappolati.
Tra le 65 vittime, 19 erano carusi tra gli 8 e i 14 anni. Bambini e adolescenti spesso venduti dai loro genitori a causa della povertà, lavoravano in condizioni di semi-schiavitù. La loro morte suscitò grande commozione e indignazione in tutta Italia e attirò l’attenzione sulle condizioni disumane dei lavoratori delle miniere siciliane.
La strage di Gessolungo portò a un crescente movimento per migliorare le condizioni di lavoro nelle miniere. Sebbene i progressi furono lenti, la tragedia contribuì a sensibilizzare l’opinione pubblica, grazie alle battaglie sindacali, volte a promuovere riforme legislative per aumentare la protezione dei lavoratori.
Oggi, la strage di Gessolungo è ricordata come un simbolo delle lotte e delle sofferenze dei minatori siciliani. Come consuetudine, anche quest’anno è prevista una cerimonia commemorativa per onorare la memoria delle vittime e per ricordare l’importanza della sicurezza sul lavoro nel “Memoriale dei carusi” alla presenza delle autorità civili e militari.